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Dopo il treno Pechino – Datong (di cui ho scritto in Il viaggio nel viaggio: l’umanità che ho incontrato sul treno Pechino – Datong…) pensavo che le stazioni ed i treni cinesi per me non fossero più un gran mistero. In procinto di partire per Pingyao però è stato più forte di me: ho dovuto chiedere ad una signora se mi trovassi nella sala d’attesa giusta, di fronte al gate giusto, anche se la cosa era piuttosto palese. Ero in Cina solo da qualche giorno ed avevo ancora bisogno di conferme.  

La signora probabilmente non ha capito neanche una parola di ciò che le ho detto. Sta di fatto che mi ha subito fatto segno con la mano di sedermi accanto a lei e che poi ha iniziato a parlare, articolando un vero e proprio discorso, come se io potessi comprendere le sue parole. La guardavo, la ascoltavo e lei continuava. E siamo andate avanti così finché non hanno aperto il gate. Avete mai sentito parlare un cinese alla stessa velocità di una mitraglietta? Ecco… Un messaggio mi era arrivato forte e chiaro: in Cina, mai chiedere se si ha anche solo una mezza certezza, pena un bel mal di testa!  

Una volta sul treno mi sono resa conto di un altro problema: come facevo a capire quando scendere? Sì, le varie fermate venivano annunciate, ma trattandosi di un treno locale solo in cinese e il nome delle località si perdeva nel mare di parole pronunciate. Non potevo neanche pensare di aspettare di vedere il cartello con il nome della stazione: le soste erano infatti troppo brevi per alzarmi, prendere lo zaino che ho dovuto riporre in alto e raggiungere l’uscita. Lo zaino poi non potevo neanche tenerlo vicino o comunque a portata di mano, perché c’era troppa gente, tra l’altro anche in piedi.

lanterne a pingyao cina

E così che ho deciso di ritentare: di fronte a me c’erano due ragazzini evidentemente in età scolastica; ho chiesto loro se potessero gentilmente avvertirmi prima che il treno raggiungesse Pingyao. Cosa è successo? I due capivano quello che dicevo, ma non riuscivano ad esprimersi in inglese! Hanno però risolto il problema tirando fuori dagli zaini due tablet. Uno ha cercato l’orario ferroviario e mi ha fatto vedere che il treno sarebbe arrivato a destinazione tra le 14.11 e le 14.16, come se non lo sapessi. E se il treno fosse stato in ritardo, cosa probabile visto che si stava muovendo da un capo all’altro del Paese? Meno male che poi l’altro, attraverso un traduttore automatico, è riuscito a comunicarmi che comunque mi avrebbero avvisata quando dovevo iniziare a prepararmi.  

Al di là di tutto, ecco ancora il contatto umano con la gente del posto, che dà quel di più a qualsiasi viaggio… Ma quante cose emergono dal confronto o da un confronto difficile? Ecco, i cinesi, nonostante le difficoltà a livello di comunicazione, si sono sempre rivelati disponibili nei miei confronti, in quella circostanza, ma direi in generale durante il mio viaggio!  

Il tempo è trascorso, leggendo, osservando il via vai del personale che cercava di muoversi nel corridoio con un carrellino pieno di frutta, bevande e snack, ascoltando la musica che veniva trasmessa di tanto in tanto… E così, quel treno, quel giorno in cui cadeva proprio la Festa della Repubblica, ovvero il primo di ottobre, diversamente rispetto a quanto immaginavo, è arrivato a destinazione puntuale, dopo essere passato nella sua estrema lentezza attraverso vecchi villaggi e città che sono ancora cantieri, oltre che di fronte a tante e tante fabbriche che mi sono parse abbandonate.   

Mi sono ritrovata nella stazione più centrale di Pingyao, non quella dei treni ad alta velocità appunto. Da lì, mi sono subito incamminata verso il nuovo ostello, che non era poi così distante. Quel pomeriggio in camerata ho incontrato Lika, una ragazza tedesca che studia lingua e cultura cinese. Dopo 6 settimane, era quasi giunta al termine del suo viaggio in Cina e quello era il suo ultimo giorno a Pingyao, poiché l’indomani sarebbe tornata a Pechino. Lei ormai aveva capito come orientarsi in città. L’ho quindi seguita per raggiungere una delle porte che danno accesso al centro storico. Poco dopo esserci incamminate, sono apparse le mura, alte, imponenti.

mura di pingyao cina

All’improvviso eravamo lì, all’interno del dedalo di Pingyao. Sugli assi principali era davvero difficile muoversi a causa della gente che c’era per strada: non è un esagerazione, si faceva davvero fatica a fare un semplice passo! La situazione era tale probabilmente perché era appena iniziato uno dei più importanti periodi di vacanza per i cinesi. Abbiamo capito immediatamente che fosse il caso di portarsi altrove, magari su qualche stradina laterale, perché il caos era insopportabile!  

Con grande fatica siamo riuscite a sfuggire alla calca e abbiamo potuto iniziare a passeggiare senza meta. Sì, Pingyao è proprio quel genere di città che non si presta a grandi itinerari, che va scoperta, lentamente. E’ quel genere di città che sorprende, scorcio dopo scorcio, talmente è pittoresca. Quelle case con i tipici tetti a spiovente, le lanterne che di giorno sembrano addobbare i vicoli e che quando arriva il buio fanno luce…  

Pingyao è tutto questo, ma credo che bisogna abbandonare le vie più centrali appunto, che hanno perso qualsiasi genuinità con tutti i negozi di souvenir che vi si affacciano, con quei cammelli portati da chissà dove e messi al servizio di tanti turisti selfie-dipendenti, con quelle golf-cart che sfrecciano lungo gli assi principali appunto, da nord a sud e da est a ovest…

Ben presto è arrivata l’ora di cena e quella sera, visto che avevo un’interprete, potevo osare un po’ di più. Entrambe abbiamo infatti ordinato ben due pietanze e le abbiamo poi divise. Sì, sono di quelli che se non sanno esattamente cosa hanno nel piatto, piuttosto non mangiano! E questo, a dire la verità, durante il viaggio in Cina, qualche problemino me l’ha creato: nel momento in cui mi vengono mostrate tante belle immagini che però mi dicono poco sugli ingredienti usati, cosa pensate che faccia? Scelgo riso e qualcosa di facilmente identificabile, come pomodori e uova strapazzate che non dico fossero all’ordine del giorno, ma quasi…

Prima di tornare in ostello abbiamo osato anche sulle bancarelle, per strada: abbiamo assaggiato le cosiddette moon cake e un succo estratto da uno strano frutto arancione che non avevo mai né visto né assaggiato prima e di cui ancora ignoro il nome. Mi sono proprio divertita ad ascoltare Lika esercitare il suo cinese con le signore al mercato, ma anche ad osservare i suoi interlocutori, stupiti del fatto che conoscesse la loro lingua.

Il giorno seguente sono tornata in centro da sola. Erano le 8.30 del mattino e c’era già tantissima gente, ma immaginavo che non potesse essere altrimenti in quel periodo. Volevo salire sulle mura e percorrerle tutte, per godermi la città dall’alto. Finché non sono salita non avevo capito che avrei potuto percorrerne solo un tratto. La vista sui tetti comunque si è rivelata favolosa, con quella strana nebbiolina mattutina che sembrava avvolgere la città. Il resto della giornata è trascorso piacevolmente tra i vicoli meno affollati di Pingyao, visitando palazzi storici, case tradizionali, luoghi di culto e persino un’antica banca.

pingyao cina
tetti di pingyao cina
tempio a pingyao
case a pingyao
pingyao cina
pingyao cina

Al calar del sole, sfrecciando a bordo di un buffo motorino elettrico guidato dalla proprietaria dell’ostello, sono tornata in stazione. Mi aspettava un altro treno, un altro viaggio nel viaggio, prima di poter vivere Xian, di cui ho scritto in Due giorni a Xian, durante la Festa della Repubblica e Perchè Xian: esercito di terracotta e centro storico.

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2 Replies to “Del mio tempo a Pingyao…”

  1. Siamo stati quest'estate in Cina e abbiamo trascorso 2 giorni intensi e meravigliosi a Pingyao, noi no abbiamo avuto difficoltà a capire dove scendere perché il nostro treno aveva cmq le fermate scritte sul display anche in lingua inglese.

  2. Che bello che siete appena stati in Cina e a Pingyao! Sul treno che ho preso io non c'erano monitor purtroppo!

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”In un’epoca in cui viaggiare è prerogativa di molti, credo che sia ancora possibile percorrere vie sconosciute, rendendole solo nostre: sono convinta infatti che oggi le grandi esplorazioni debbano essere anche e soprattutto interiori.”