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E’ nel tardo pomeriggio che siamo arrivate al Nijo-jo. Io ero proprio curiosa: non vedevo l’ora di scoprirlo quel castello giapponese. E così, una volta dentro, in un batter baleno mi sono sfilata le scarpe ed ero pronta per entrare nel piccolo mondo che un tempo è stato dimora dello shogun Tokugawa Ieyasu, fondatore di una dinastia che ha governato il Paese per lunghissimo tempo. Man mano che procedevo mi sentivo sempre più leggera: non so se fosse merito del pavimento di legno o se fosse ciò che vedevo a darmi la sensazione di volare. Lungo i corridoi, una stanza dopo l’altra, mi hanno portata alla vita che un tempo doveva svolgersi in quella corte. Tutto stava nel guardare tra quelle sottili porte scorrevoli, tra i paraventi e nel lasciarsi trasportare dall’immaginazione.  

Non era ancora buio quando abbiamo raggiunto Nishinjin, il quartiere noto per la produzione di kimono. Ciò che ci interessava era soprattutto il centro tessile, nel quale sapevamo che spesso si tengono delle sfilate. Siamo entrate e… Conoscete quelle melodie – come dire – giapponesi? Ecco, non sentivamo altro! La passerella era al centro dell’attenzione. Diverse le modelle che andavano e venivano, nei loro abiti tradizionali, variopinti. Siamo arrivate solo pochi minuti dalla fine, ma qualcosa siamo riuscite a cogliere, prima dell’inchino di congedo. Poi siamo salite e abbiamo dato un’occhiata al piano superiore. Tantissimi gli oggetti in vendita, alcuni di pregio, altri no. Non immaginavo ci fosse ancora qualcuno al lavoro e soprattutto non immaginavo ci fosse ancora qualcuno al lavoro sui telai.     

Il giorno dopo, di primo mattino, il Fushimi Inari Taisha. Abbiamo varcato il primo tori rosso, alto, imponente. Poi, la scalinata. E siamo dunque arrivate al tempio. Man mano che salivamo, sulla collina, nel bosco, una moltitudine di tori rossi, uno dietro l’altro ci facevano strada, come tutte quelle volpi, messaggere della divinità Inari, cui il complesso è dedicato. Prima di partire avevo letto del significato che questo luogo ha per i giapponesi, ma non mi è stato chiaro fino in fondo finché non mi sono guardata intorno con attenzione ed ho notato la gente che stava facendo quel percorso insieme a me. Non riuscivo ad immaginare che i giapponesi si facessero leggere la mano, che venerassero davvero i cosiddetti spiriti volpe, che…

E poi, solo qualche ora dopo, nel bosco di bambù la mia immaginazione ha preso di nuovo il sopravvento. Ero consapevole del fatto di trovarmi in Giappone e non in altre parti del mondo, altrimenti forse qualche folletto – non so un leprociano o un troll – avrei rischiato di vederlo. Guardavo in alto e vedevo centinaia di alberi di bambù, sottili sottili, alti alti. Mi guardavo attorno e vedevo un mondo verde e magico, riuscendo persino ad ignorare chi come me in quel momento aveva deciso di perdersi proprio lì.

Molti mi chiedono perché viaggio. Molti non hanno il coraggio di chiedermelo. Molti lo sanno e me lo chiedono comunque, forse per ascoltare una risposta che già conoscono e che alle loro orecchie non può che suonare insensata. Molti lo sanno ma credono che nelle mie ragioni non vi sia un buon motivo. A Kyoto è stato chiaro soprattutto a me perché viaggio. Viaggiare mi permette di andare oltre ciò che posso immaginare qui, di immaginare di più, di non continuare ad immaginare ciò che non è, scoprendo di volta in volta tanti piccoli mondi, come quello dello shogun che viveva nel Nijo-jo, come quello delle modelle e degli artigiani di Nishinjin, come quello verde e magico del bosco di bambù o quello della spiritualità dei giapponesi…

Certamente Kyoto è una di quelle città che fanno volare la mente, ma a prescindere da dove io mi trovi, viaggiare per me significa innanzitutto dare spazio all’immaginazione e lo dico nel senso letterario del termine, nella consapevolezza che le mie parole risulteranno un po’ romantiche…

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2 Replies to “Immaginando: Kyoto e perché viaggio”

  1. Quando si descrive il luogo …la città che ci proponiamo di vedere ….visitare. .le parole non possono risultare romantiche …..gli occhi trasmettono ….e se ciò che si vede piace allora i termini vengono da soli dettati dal cuore che gioisce

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”In un’epoca in cui viaggiare è prerogativa di molti, credo che sia ancora possibile percorrere vie sconosciute, rendendole solo nostre: sono convinta infatti che oggi le grandi esplorazioni debbano essere anche e soprattutto interiori.”