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Era l’ultima volta che avrei preso la barca per attraversare il lago: stavo infatti lasciando San Pedro la Laguna, diretta ad Antigua, che dall’inizio del mio viaggio non vedevo l’ora di raggiungere.

A Panajachel, vicino al molo, c’era un signora, che con uno strano ma efficientissimo spremiagrumi pressava decine e decine di arance: per soli 5 quetzal, circa 50 centesimi di euro, mi ha dato quasi mezzo litro di succo.

Anche le altre persone scese dalla barca si sono fermate, per lo stesso motivo. Quando se ne sono andate, si è seduta vicino a me, su un muretto e mi ha raccontato un po’ di lei e della sua bambina, che era lì, tutta vestita di rosa, che giocava, felice.

Nel frattempo, mentre aspettavo il minivan, è arrivata un’altra donna. Così, ad occhio e croce, ho pensato che potesse avere una cinquantina d’anni; poi però ho visto che sulle spalle portava un neonato e che per mano teneva un bambino che non avrà avuto più di quattro anni.

Era lì per vendere scialle ed altri capi di abbigliamento: quando ha capito che non ero interessata ha lasciato i figli, lì, seduti sul muretto, accanto a me e se ne è andata, per tornare solo un quarto d’ora più tardi.

Sono passate anche due bambine, grandicelle, ma certamente non grandi abbastanza per lavorare. Trascinavano due sacchi pieni di cipolle, ridendo. Hanno cercato di sollevarli, per portarli in spalla, ma non ce la facevano. Dopo qualche secondo, fortunatamente, è intervenuto un uomo che le ha aiutate a portare quei sacchi fino al molo. 

Il minivan è arrivato mezzo vuoto. Oltre a me, ad Antigua, quel giorno, ci andava solamente una coppia ovvero un ragazzo italiano e la sua fidanzata inglese. Ecco, poche altre volte in Guatemala ho viaggiato così comoda: non mi è più capitato di avere a disposizione ben tre sedili!  

Poco prima di arrivare in città mi hanno chiesto se potevamo farci lasciare tutti e tre nello stesso posto, vale a dire all’ostello dove avevo prenotato. Loro, infatti, avrebbero potuto trascorrere ad Antigua solo 45 minuti prima di andare in aeroporto e non sapevano dove mettere i bagagli.

Riflettendo tra me e me riguardo a cosa potessero mai vedere o fare in così poco tempo, gli ho risposto che dal mio punto di vista non c’era alcun problema e che avrebbero potuto chiedere ai gestori una volta arrivati.

In un secondo momento mi hanno parlato del loro itinerario o forse dovrei dire della loro maratona: ancora mi chiedo come sia possibile cercare di attraversare mezzo Yucatan, mezzo Guatemala e l’isola di Cuba in meno di tre settimane!  

Già prima di buttarmi in questa avventura avevo capito che correre, soprattutto in viaggio, non ha senso e i due mesi in Centro America me lo hanno confermato. E’ proprio nei luoghi in cui mi sono fermata di più che sono infatti riuscita ad apprezzare aspetti che in altre circostanze, di fretta, neanche avrei notato.

E poi, il tempo, quello davvero libero, quello che non ho programmato per riuscire a vedere un monumento piuttosto che una mostra, ha dato modo ai miei pensieri di sedimentarsi, di non travolgersi fino a svanire nel nulla, in un turbinio che risucchia spunti, idee, riflessioni, considerazioni.  

Arrivati ad Antigua, abbiamo scoperto che il conducente non conosceva l’ostello dov’eravamo diretti; una volta indicatagli la via su una cartina ci ha portati ad un incrocio e ci ha detto che poteva essere a destra o a sinistra, ma che a causa dei lavori in corso gli era impossibile svoltare.

A quel punto io e il ragazzo siamo scesi dallo shuttle per verificare dove si trovasse l’ostello, tornare indietro, prendere i bagagli e fare a piedi il restante pezzo di strada; io sono andata da una parte, lui dall’altra, mentre la fidanzata è rimasta seduta, ad aspettare.  

Sono stata io a trovare la struttura. Di ritorno, dopo pochi minuti, ho visto il ragazzo con lo zaino sulle spalle, mentre trascinava il trolley della fidanzata, che poco più avanti urlava come una matta, perché ormai gli erano rimasti solo venti minuti…  

Ad accogliermi, una volta a destinazione, Raul, sua moglie ed il coniglio Loti, appostato – come una guardia – fuori dalla sua tana. Appena arrivata, mi hanno fatto accomodare per parlare di una questione che li preoccupava moltissimo: a causa di un overbooking non potevo avere la camera singola che avevo prenotato. Solo una doppia era libera, che avrei dovuto condividere con una certa Natasha.

I due, sollevati dalla mia disponibilità sono comunque rimasti in ansia, perché sapevano di doversela vedere ancora con qualcuno, che sarebbe arrivato quella notte, dopo un lungo volo intercontinentale…  

antigua ostello

Vi lascio anche questo link: Antigua: 10 cose da non perdere!

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”In un’epoca in cui viaggiare è prerogativa di molti, credo che sia ancora possibile percorrere vie sconosciute, rendendole solo nostre: sono convinta infatti che oggi le grandi esplorazioni debbano essere anche e soprattutto interiori.”