Non è stato facile scegliere cosa fare nei dintorni di Merida (di cui ho scritto qui). Ad un certo punto però, ponendomi qualche domanda (esattamente come ho spiegato nel post Spunti di riflessione per la scelta delle gite in giornata) sono arrivata alla conclusione che a Izamal dovevo proprio andare. Il suo centro storico rappresenta infatti la perfetta sintesi di ben due delle motivazioni alla base del mio viaggio in Messico ovvero architettura coloniale e rovine maya.
Izamal è un intrico di viuzze acciottolate su cui si affacciano palazzi elegantemente ornati ma di dimensioni modeste, tutti (o quasi) dello stesso intenso colore giallo miele, che le è valso l’appellativo di Ciudad Amarilla. Non manca nemmeno qualche piazza a Izamal, arricchita da lunghe arcate e costellata di panchine che perfettamente si prestano ad una breve siesta pomeridiana. Un solo edificio, tuttavia, domina il panorama dell’abitato, il Monastero dedicato a Sant’Antonio da Padova.

Personalmente ho avuto modo di trascorrervi una giornata e ne conservo un bellissimo ricordo. Per me è infatti un po’ la quintessenza della cittadina yucateca fondata dagli spagnoli, un vero e proprio gioiellino insomma. Perdersi senza meta è davvero un piacere (anche se perdersi è un eufemismo, raccolta com’è), così come respirare quella tipica atmosfera d’altri tempi, quando si incontrano gruppi di signore a braccetto che portano uno scialle fatto a mano sulle spalle e signori che passeggiano indossando il tipico copricapo locale.
Gli spagnoli, che hanno appunto gettato le fondamenta di ciò che oggi è visibile ai nostri occhi, non sono stati i primi abitanti dell’area su cui sorge Izamal. Come ben sappiamo questi ultimi sono giunti solo alla fine del XV secolo ed hanno messo in atto, non solo nella regione ma in tutta l’America Centrale e Meridionale, un vero e proprio processo di colonizzazione, che ha avuto importanti implicazioni culturali.
Essi agirono a diversi livelli, ma in particolar modo sul piano religioso. Il loro intento era infatti quello di reprimere qualsiasi forma di culto che si ponesse al di fuori della sfera della cristianità e dunque tutto il contesto spirituale precedente al loro arrivo, con conseguenze dilanianti per i maya, così come per buona parte delle popolazioni nelle quali si sono imbattuti.

Nell’area in cui oggi si sviluppa il centro abitato, un tempo sorgevano una dozzina di piramidi che per la popolazione autoctona avevano un profondo significato spirituale, in quanto legati alla venerazione della divinità suprema ovvero Itzamnà, dal cui nome tra l’altro sembra derivare il toponimo Izamal. Di quegli edifici, che erano dei veri e propri templi, solo tre sono giunti fino ai giorni nostri: tutti gli altri sono infatti stati distrutti dai conquistadores. Ovviamente non ho potuto fare a meno di cercarli e visitarli, riuscendo alla fine persino a salire sulla piramide Kinich-Kakmò.
I colonizzatori tuttavia non volevano solamente sradicare la visione del mondo dei maya, che consideravano inferiore rispetto alla loro. Intendevano infatti anche imporre la propria religione. In questo senso radere al suolo i luoghi di culto costruiti prima del loro arrivo, aveva sì un significato simbolico, ma era anche funzionale alla costruzione di chiese, conventi e monasteri, spesso eretti con materiali recuperati dagli stessi edifici demoliti.
E’ proprio così che tra il 1533 ed il 1561 a Izamal è stato eretto il Monastero dedicato a Sant’Antonio da Padova, che – insieme alle piramidi – rappresenta la principale attrazione della cittadina. Affascinata dalla sua architettura, non ho potuto fare a meno di percorrere la scalinata che vi dà accesso, per dare un’occhiata agli affreschi che rappresentano la forzata conversione dei maya e godermi poi tutta la sua quiete.

Giusto due informazioni di carattere pratico per organizzare la visita
> Frequenti collectivos collegano Izamal a Merida, 1h30min, 56 pesos a / r.
> Sia al Monastero che alle piramidi si accede gratuitamente.
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