Immaginate una catapulta e me e mia mamma – io con il mio zaino, lei con il suo trolley – che lentamente atterriamo a Kyoto, cercando di ritrovare un equilibrio, dopo un lungo volo, di quelli a parabola. Ecco, dovete sapere che lo shinkansen partito alle 7.33 da Tokyo ci ha letteralmente scaraventate in un’altra dimensione!
Il viaggio in sé e per sé, in realtà, è andato benissimo, su quella meraviglia dell’ingegneria che si muove ad altissima velocità seppure in modo del tutto impercettibile. Il fatto è che Kyoto è tutt’altra cosa rispetto a Tokyo e lo scrivo senza voler togliere nulla né all’una né all’altra città, poiché le ho amate entrambe moltissimo. Quello che voglio dire è che, una volta lì, mi sono sentita lontanissima dalla realtà della capitale, nonostante avessi percorso meno di 500 km!
Forse, come mi ha scritto qualcuno solo qualche minuto fa, Kyoto è un po’ fuori dal tempo e probabilmente la mia sensazione è scaturita proprio da questo. Che il viaggio in shinkanse tra Tokyo e Kyoto sia stato anche un viaggio verso una dimensione temporale altra? Avete letto Memorie di una geisha? O magari avete visto il film che ne è stato tratto? La città mi ha riportata proprio a quelle atmosfere, le atmosfere di un Giappone ormai lontano, di un’altra epoca.
Ricordo quella passeggiata tra Sannenzaka e Ninenzaka, tra stradine acciottolate e viuzze, tra le quali ci muovevamo a fatica a causa di quella caratteristica folla della domenica; nessuno aveva fretta e tutti si fermavano, chi qua, chi là, tra le case in legno e le botteghe. Anche noi dunque, per degustare i cosiddetti yatsuhashi, ovvero dolcetti fatti di pasta di riso e fagioli, e il tè, tanto tè.
Ricordo anche quelle geishe, comparse all’improvviso, che amabilmente si facevano strada tra la gente, nei loro kimono colorati, con quei capelli neri e quel volto candido. Dovevano essere delle apprendiste, dato che avevano un obi piuttosto grande e calzature altissime. Non ci aspettavamo di incontrarle, ma evidentemente a Kyoto le geishe hanno ancora i loro spazi, al di là dei numerosi spettacoli in programma.
E poi i templi di Higashiyama. Ricordo che sono un’infinità e che quel pomeriggio, il pomeriggio del giorno del nostro arrivo a Kyoto, non è stato sufficiente per farci un’idea di cosa nasconda quella parte della città e infatti abbiamo deciso che i templi li avremmo scoperti con più calma, in modo da apprezzare l’armonia che li contraddistingue, frutto di un eccezionale rapporto tra architettura e paesaggio, oggi non più così scontato.
E di quel giorno ricordo anche la sera, a Gion. Ricordo i colori del cielo all’imbrunire. Ricordo le lanterne, poste lì, per fare luce, come se lampade e lampioni non esistessero… Vi ho convinti? Non trovate anche voi che Kyoto sia un po’ fuori dal tempo?

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