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Il taxi finalmente era arrivato, seppure un po’ in ritardo. Dovevo solo superare il traffico infernale di Bangkok durante l’ora di punta, raggiungere la stazione, aspettare l’autobus, fare passare la notte e sbrigare le formalità d’ingresso per mettere finalmente piede in Laos

In macchina ci siamo ritrovati in quattro oltre all’autista e agli zaini, che per qualche ragione non potevano essere riposti nel bagagliaio.

Nessuno dei presenti era diretto dove ero diretta io: gli altri infatti andavano tutti in Myanmar. Una volta a destinazione, ho quindi proseguito da sola, sino alla pensilina da cui di lì a poco sarei partita.

C’era tantissima gente del posto in attesa, chi con enormi valige, chi con tre o quattro scatoloni di cartone accuratamente imballati, chi addirittura con un televisore catodico.

Guardandomi intorno e vedendo che di viaggiatori come me, in giro per piacere, ce n’erano ben pochi, ho iniziato a temere che quello che sarebbe arrivato, non poteva che essere un rottame.

Già pensavo alle ore che avrei trascorso guardando fuori dal finestrino invece di riposare e alle stelle che avrei visto a causa di sedili talmente scomodi che avrebbero potuto portarmi solo un gran mal di schiena.

Improvvisamente, invece, un autobus palesemente di nuova generazione si è fermato proprio lì dove stavo aspettando. E subito ho notato la scritta che era apparsa sul vetro anteriore: ”VIENTIANE”.

Si, era quello l’autobus su qui dovevo salire. Sedili che si sdraiavano quasi a mo’ di letto, wi-fi e hostess e steward – chiamiamoli così! – che continuavano a passare per accertarsi che tutto andasse bene, per consegnare un cofanetto con l’occorrente per la colazione e persino un buono per cenare nel momento in cui ci saremmo fermati in un’area di sosta. Cosa potevo volere di più?  

Alle prime luci dell’alba stavamo già attraversando il Friendship Bridge, il Ponte dell’Amicizia, che segna il confine tra Thailandia e Laos. E così in men che non si dica mi sono ritrovata nella capitale, Vientiane!

L’autobus si è fermato in una specie di piazzale. Bisognava fare attenzione a dove mettere i piedi, perché c’erano buche e pozzanghere un po’ ovunque.

Poco distanti ho visto più di una dozzina di tuc tuc, lì per accompagnare chi era arrivato in ostello o in hotel. Devo ammettere che in un primo momento le loro voci mi hanno un po’ infastidito, insistenti com’erano.  

Di andare per conto mio non me la sono sentita: ero in un contesto del tutto nuovo, di cui non avevo alcuna esperienza. Sì, avevo alle spalle qualche giorno a Bangkok, ma nel Sud Est Asiatico in fondo non ero mai stata prima.

Dovevo ancora capire come muovermi, sviluppare quell’istinto che quasi spontaneamente si rinnova ogni volta che cambio aria, che credo accomuni chi ama raggiungere luoghi lontani.

Alla fine ho dunque condiviso il breve tratto di strada che mi separava dalla sistemazione che avevo prenotato con una signora tedesca e sua figlia, che erano dirette nella stessa zona della città dove dovevo andare io.  

Una volta depositato lo zaino, con una bella cartina tra le mani, ho deciso di uscire. Era come se la città mi stesse chiamando, come se mi stesse chiedendo di uscire allo scoperto e di scoprirla, senza timore, facendomi guidare dalla mia curiosità!  

Con il senno di poi posso dire che Vientiane è la capitale più quieta e tranquilla che io abbia mai visto. Sarà per questo che in molti non la apprezzano?

Eppure io sono riuscita a trascorrerci due giorni e non ero neanche in compagnia… Vuoi sapere cosa ho fatto a Vientiane? Te lo racconto nel post 48h a Vientiane, capitale del Laos, non saranno troppe?

vientiane laos

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”In un’epoca in cui viaggiare è prerogativa di molti, credo che sia ancora possibile percorrere vie sconosciute, rendendole solo nostre: sono convinta infatti che oggi le grandi esplorazioni debbano essere anche e soprattutto interiori.”