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Ultimamente sto leggendo parecchio. Sto divorando libri sul Giappone e sulla Corea del Sud: a dire la verità più sul primo Paese che sul secondo, a proposito del quale fin’ora ho trovato davvero poco. Tra qualche giorno partirò infatti per quello che in Europa definiamo Estremo Oriente e sto cercando di conoscere un po’ di più quelle terre lontane da me, da noi, anche e soprattutto culturalmente parlando.  

Qualche mese fa mi sono ritrovata tra le mani ”Un idea di destino”, che raccoglie frammenti dei diari di Tiziano Terzani pubblicati postumi dalla moglie: nei paragrafi che riguardano il periodo che il giornalista-viaggiatore ha trascorso in Giappone ho immediatamente percepito una certa avversione verso il Paese del Sol Levante e addirittura ribrezzo al solo pensiero che l’Occidente potesse – per usare le sue parole – giapponesizzarsi. ”Dobbiamo trovare un modo, qualunque esso sia, di difendere il nostro modo di vivere, dobbiamo difenderci dalla giapponesità”, scriveva Terzani nel 1989.

Oggi probabilmente la questione non si pone più, poiché il Giappone dopo il boom economico del Dopoguerra non ha assunto il ruolo che si prospettava. La questione oggi si pone infatti in altri termini o, per essere più precisi, con altri protagonisti: la Cina e l’India, il dragone e la tigre, che – come spiega Rampini nel suo Impero di Cindia – si contendono il titolo di superpotenza. 

Concordo sul fatto che le culture vadano tutelate, ma mentre leggevo le parole di Terzani non capivo fino in fondo cosa intendesse con giapponesità e come questa potesse essere una minaccia, nonostante l’autore non abbia certo mancato di offrire spunti di riflessione a riguardo. Quando ho iniziato a leggere il libro, avevo già in mente di andare in Giappone, ma per me era semplicemente un altro mondo, in tutto e per tutto affascinante, anche con i suoi cliché, dalle geishe ai samurai. Ditemi la verità, voi a cosa pensate se vi dico semplicemente Giappone?  

Per farla breve, Terzani mi ha un po’ scombussolata, al punto da spingermi a cercare altri scritti, qualcosa di più specifico, per capire, capire meglio, di più. La giapponesità è davvero vuoto ideologico, qualcosa che non esiste, ma a cui gli stessi giapponesi sembrano fare riferimento per rimarcare la loro unicità? E’ veramente l’invisibile, sempre per dirla con le parole di Terzani?  

Ponendomi queste domanda ho iniziato a leggere Alle radici del sole, di Renata Pisu, che ha cercato di dipingere il volto del Giappone di oggi, arrivando alla conclusione che gli stessi giapponesi non sanno chi sono e che ”noi possiamo al massimo raccogliere alcune delle immagini che loro, come un grande specchio che tutto riflette, proiettano di se stessi”.

Il libro senz’altro mi ha permesso di scoprire la visione dell’autrice su alcuni aspetti della vita di un popolo che mi accingo ad incontrare e che vorrei conoscere più da vicino, cercando di andare oltre l’insensatezza che possono cogliere i miei occhi occidentali. Non ho ancora idea di chi siano i giapponesi e non so neanche se le tre/quattro settimane che trascorrerò nel loro Paese mi basteranno per comprendere qualcosa del loro modo di essere. Qualche spunto di riflessione però ce l’ho e sperò nei prossimi giorni di trovarne altri, per cercare di guardare, di vedere, una volta lì, non dico senza filtri, perché non è possibile, ma dandomi almeno la possibilità di interpretare ciò che incontrerò sulla mia strada da molteplici angolazioni.

Curiosità che ho colto tra una lettura e l’altra?

⇒ Regole, regole e ancora regole. Sembra che la quotidianità dei giapponesi sia scandita da un’infinità di regole, da quelle comportamentali, come quelle dell’inchino ad esempio, a quelle di pura estetica, che trovano una loro applicazione persino nella scelta dei poggiabacchette nelle diverse stagioni (a forma di ciliegia in primavera, a forma di castagna o cachi in autunno…).

⇒ Pare che i bambini possano fare quello che vogliono, almeno finché vanno a scuola. Quando dico che possono fare quello che vogliono, intendo proprio tutto: rovesciare una birra o persino lanciare pezzi di frutta di una macedonia ordinata al ristorante a dosso alla nonna, che poi riderebbe compiaciuta! Ma questa fase durerebbe poco. Quando iniziano ad andare a scuola devono filare dritto: casa e scuola, scuola e casa, rispettando norme fissate dalle autorità scolastiche, ma che valgono in entrambi gli ambiti. Provate a mettervi nei panni di un adolescente che non può scegliere quali film guardare, quali locali frequentare e non perché l’hanno stabilito i suoi genitori!

⇒ Dicono che in metropolitana i giapponesi si comportino come fossero in un luogo sacro: tutti vestiti bene, se ne stanno zitti, muti, al massimo leggono i manga!

⇒ Lo sapevate che i giapponesi non dicono parolacce? In realtà, non sarebbero presenti nella loro lingua!

⇒ I giapponesi amerebbero il pachinko, una gioco simile al flipper che ha il potere di stordirli per ore e ore e di fargli spendere una fortuna! Sarà un modo per evadere da quel rigido sistema di regole?

⇒ Mai sentito parlare dei Love Hotel? Pare che siano una vera e propria istituzione! Di varie categorie, offrono camere a tema e accoglierebbero anche coppie sposate che vogliono allontanarsi dalle quattro mura domestiche! E’ un altro modo per evadere da una quotidianità opprimente?

⇒ E i manga? I fumetti giapponesi? Potrebbero avere anche loro la stessa funzione?

⇒ Lo sapevate che le geishe sono persone dell’arte? E che devono studiare per almeno cinque anni prima di essere considerate tali? Apprendono l’arte del canto, della musica, e persino quella degli origami!

⇒ Sembra che i libri di storia, quelli scolastici, liquidino Hiroshima e la bomba atomica in poche righe e che coloro che hanno subito l’esplosione e sono sopravvissuti, i cosiddetti hibakusha, siano emarginati.

⇒ In un mondo fatto di grattacieli e alta tecnologia sembra comunque restare spazio per una certa spiritualità. Per ora ho avuto modo di leggere solo degli spiriti-volpe, che la gente sembra venerare.

⇒ E se è una macchina, un computer, un robot a diventare divinità? Ho letto di una signora che dopo aver prelevato contanti al bancomat si è inchinata ed ha ringraziato!

⇒ Le donne giapponesi hanno la mania dello shopping! Esisterebbero persino degli enormi centri commerciali pensati esclusivamente per loro!

⇒ Matrimoni combinati in Giappone? Devo ammettere che quando ho letto di questo aspetto ero davvero incredula e ancora adesso faccio fatica a crederci. Sembra che esista addirittura una sorta di mediatrice che per conto delle famiglie di due giovani – di cui viene tracciata la situazione patrimoniale! – organizzi degli incontri. Ecco, in una realtà dove uomini e donne condurrebbero vite separate, non è forse poi così strano!

Non so se vedrò questo Giappone, di cui ho letto e continuerò a leggere. Spero di vederne anche uno diverso però: diverso da quello disprezzato da Terzani, diverso da quello paradossale, almeno per certi versi, descritto da Renata Pisu, a cui ho appena accennato. Non so cosa vi racconterò al termine di questo mio viaggio. Certo è che dopo queste letture che hanno mandato in mille pezzi la mia idea di Giappone – probabilmente non molto diversa da quella di chi ancora non ha avuto la fortuna (?) di mettere piede su quel arcipelago – partirò con occhi ancora più curiosi.

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”In un’epoca in cui viaggiare è prerogativa di molti, credo che sia ancora possibile percorrere vie sconosciute, rendendole solo nostre: sono convinta infatti che oggi le grandi esplorazioni debbano essere anche e soprattutto interiori.”