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Già prima di partire avevo in mente di andare a San Juan Chamula, un villaggio di montagna poco distante da San Cristobal de las Casas (di cui ho scritto qui), in Chiapas. Ad incuriosirmi erano le pratiche religiose che ogni giorno, ad esclusione del mercoledì, si tengono in chiesa; la loro particolarità sta nella commistione di sentimenti, credenze e culti derivanti sia dalla tradizione cristiana che da quella maya. 

Finché non ho visto con i miei occhi, non sapevo cosa aspettarmi e continuavo a pormi domande alle quali avrei potuto dare una risposta solo una volta sul posto. Era una messa in scena o era qualcosa di sentito dalla gente del posto? Era una finzione posta in essere per i turisti o una realtà che andava avanti del tutto indifferente rispetto a presenze estranee?   

A dire la verità già a San Cristobal avevo iniziato a capire. Mi era bastato guardarmi intorno, vedere cosa accadeva, come viveva la gente, per comprendere quanto fosse spontaneo il mondo in cui mi ero calata. A quel punto ho pensato che a San Juan Chamula non doveva essere diverso.     

In chiesa era buio, più buio che nelle nostre chiese gotiche; la luce entrava, debole e trasversale, da una vetrata, anche se i pochi raggi che intravedevo avevano una materialità quasi palpabile. Per terra un compatto tappeto di aghi di pino emanava quel caratteristico odore che altrove non avevo mai avvertito così intenso, tanto che solo l’incenso in quel momento mi sembrava più penetrante. Sentivo inoltre un ronzio incessante, che interrompeva il silenzio reverenziale tipico di certi luoghi di culto che le mie orecchie si aspettavano.  

Davanti a me, in piedi, un gruppo di uomini che indossavano un cappotto di lana e un copricapo bianco; alcuni tra le mani avevano delle bottiglie, altri degli strumenti musicali simili a chitarre e fisarmoniche. Più avanti delle donne con lunghe gonne, anche quelle di lana, sedute sul pavimento, che parlavano e pregavano, custodendo in sacchi di plastica delle galline vive ma inspiegabilmente quiete.

Gli uomini chamula pian piano avanzavano e poi tornavano indietro, offrendo da bere a chi non aveva con se pox, cocca cola e altre bevande che favoriscono l’eruttazione, che rientra tra le pratiche locali volte all’espiazione dei peccati. Per terra, sul tappetto di aghi di pino, proprio per questa ragione, vedevo anche tante lattine contenenti le più svariate bevande gasate.

Per un po’ sono rimasta lì, poco più avanti rispetto al portale e osservavo ciò che stava accadendo. Ero curiosa però e volevo capire cosa succedeva intorno all’altare. Dalla mia posizione potevo scorgere solo le donne davanti a me, che nel frattempo avevano acceso e appoggiato per terra tante candele lunghe e sottili, quasi a formare delle piccole barriere di fuoco.  

Lentamente mi sono spostata anche io, finché non ho visto un anziana signora prendere la sua gallina. Ha iniziato a cullarla dolcemente, dapprima sopra le candele, poi poco oltre il capo di un giovane uomo e di quella che aveva tutta l’aria di essere sua moglie, proprio mentre pronunciava parole per me incomprensibili ma che suonavano come una preghiera. All’improvviso si è fermata. Ed ha letteralmente tirato il collo alla gallina.

Non ho compreso fino in fondo quello che ho visto. Forse si è trattato di una benedizione seguita da un sacrificio. A quel punto per me era abbastanza, sono dunque immediatamente tornata indietro, per ritirarmi anche io su quel tappeto di aghi di pino.

san juan chamula chiapas messico

Giusto due informazioni di carattere pratico per organizzare la visita

> Frequenti colectivos collegano il villaggio a San Cristobal, 30 pesos a/r, circa mezz’ora.

> L’ingresso alla chiesa è a pagamento, 15 pesos.

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”In un’epoca in cui viaggiare è prerogativa di molti, credo che sia ancora possibile percorrere vie sconosciute, rendendole solo nostre: sono convinta infatti che oggi le grandi esplorazioni debbano essere anche e soprattutto interiori.”