Poiché a Cancun non abbiamo trovato alcun colectivo diretto a Valladolid, siamo arrivati in città a bordo di uno di quei pullman ADO con tanto di aria condizionata, wifi e schermo tv.
In un primo momento – dai nostri confortevoli sedili – siamo riusciti a cogliere solo tanto caos: abitazioni precarie che di fatto erano costituite da quattro mura ed un tetto in lamiera, musica latina ad ogni angolo, furgoni che andavano e venivano facendo salire e scendere gente qua e là, ambulanti che vendevano patatine sfrecciando sui loro tricicli, donne tutte intente a preparare tacos in quelle che altro non erano che cucine allestite per strada e persino delle vecchine impegnate a sbucciare pompelmi e mandarini sui marciapiedi.
Per entrambi era la prima volta fuori dal Vecchio Continente e avevamo davvero bisogno di fermarci per poter comprendere ciò che accadeva al di là del finestrino. Ogni più piccolo dettaglio attirava infatti la nostra attenzione, ma su quell’autobus in corsa era impossibile posarvi veramente gli occhi, perché tutto scorreva troppo velocemente. Una volta giunti a destinazione, oltre alla Valladolid coloniale, abbiamo dunque voluto cercare anche quella Valladolid che ci era giunta in frammenti e che qualcosa era comunque riuscita a dirci.

Raggiunto l’ostello, ci è sembrata una buona idea quella di noleggiare un paio di biciclette e farci guidare dal gestore per mezza giornata. Considerando il primo impatto con la città, ma anche le nostre intenzioni, abbiamo preferito muoverci in questo modo prima di avventurarci da soli. Con il senno di poi possiamo dire che si è rivelata una buona idea!
Non amiamo particolarmente partecipare a tour organizzati: le poche volte che vi abbiamo preso parte abbiamo infatti avuto l’impressione che ci venisse mostrato solo ciò che si poteva/doveva vedere, correndo di qua e di là. In questo caso tuttavia, forse perché eravamo gli unici partecipanti, è stato diverso, perché ci è stata data la possibilità di personalizzare l’itinerario e scegliere quanto tempo fermarci nei vari luoghi
Per tutte queste ragioni ci sentiamo di fare il nome del Hostal del Fraile e di Victor che, tra l’altro, non ha fissato un prezzo per il servizio offerto, dando ai suoi ospiti la possibilità di decidere l’ammontare del suo compenso al termine del giro in bicicletta. Al di là del fatto che si decida di alloggiare al Hostal del Fraile e di prendere parte al tour, credo che l’itinerario proposto sia più che valido e dunque di seguito ne troverete una sintesi, in modo che possiate prenderne spunto.



Ecco i luoghi nei quali abbiamo fatto tappa, proprio nell’ordine in cui li abbiamo raggiunti quel pomeriggio di metà dicembre durante il quale è iniziata la nostra visita alla terza città più grande dello Yucatan:
Templo de San Bernardino e Convento de Sisal. I due edifici sono stati costruiti dagli spagnoli tra il 1552 ed il 1560 come luoghi sacri e al contempo come fortezze. Pare siano stati eretti proprio là dove un tempo sorgevano antichi luoghi di culto maya, tra l’altro riutilizzando materiali sottratti ai siti costruito in precedenza, che così sono andati distrutti. La popolazione locale, che era anche stata costretta a convertirsi al cristianesimo, non vi aveva accesso.
Il Cenote del Hacienda San Lorenzo. Lasciando il centro, dopo una bella pedalata in mezzo ai campi, si trova la Hacienda San Lorenzo, che fino ad agosto dell’anno scorso doveva essere un bellissimo hotel in stile coloniale e che oggi per ragioni sconosciute è chiuso. Abbiamo raggiunto la struttura, che un tempo era una sorta di foresteria per mercanti e pellegrini che si trovavano a passare nella penisola dello Yucatan, per un motivo ben preciso: il suo cenote, ovvero una voragine profondissima, piena d’acqua. Inutile dire che vale la pena farci un tuffo!
La vecchia stazione ferroviaria. Victor ci ha condotti alla vecchia stazione ferroviaria, raccontandoci che la ricollega ad un momento ben preciso della sua infanzia: da quella stessa stazione da bambino era infatti salito su un treno con il padre per andare a Merida. Ci ha poi spiegato che ci sono dei progetti per ripristinare quella vecchia linea ferroviaria da tempo in disuso, ma che manca sempre il denaro.
La Chiesa degli Indios. L’edificio sembra essere stato costruito per la popolazione locale, forzatamente convertita al cristianesimo e non ammessa nelle altre chiese della città. Il 10 giugno di ogni anno nella piazza su cui sorge si celebra una festività molto sentita e, tra canti e balli in costume, ogni famiglia prepara pietanze che condivide con la comunità.
Il Museo San Roque. Questo museo è allestito in quella che un tempo era una chiesa ed è dedicato alla storia della città, oltre che alla quotidianità che contraddistingue la vita della popolazioni maya.
Il Parque Central e la Cattedrale di San Gervasio. Dopo il giro in bicicletta siamo tornati tante volte in questa piazza che è allo stesso tempo anche un parco: vivace e sempre affollata, rappresenta infatti il cuore di Valladolid. E’ circondata da edifici in stile coloniale, tra i quali emerge in particolare la Cattedrale di San Gervasio.
Il quartiere e la Chiesa della Candelaria. Altro quartiere, altra chiesa, sempre nel tipico e coloratissimo stile coloniale. Qui, come del resto nel centro storico, ci siamo persi tra viuzze e vicoli incantevoli, dove nei giorni successivi abbiamo continuato a passeggiare, sempre alla ricerca di nuovi dettagli.
Fabbrica de chocolate maya artesanal. Al termine del tour abbiamo fatto una degustazione (gratuita!) di cioccolato, alimentoche sia per i maya che per i colonizzatori spagnoli ha avuto una grandissima importanza. Per questa ragione ci siamo fermati alla Fabbrica de chocolate maya artesanal, dove oltre a deliziare il nostro palato abbiamo trovato tante interessanti informazioni proprio riguardo al cioccolato.
Il mercato. In realtà quel pomeriggio non c’è stato tempo di fare tappa al mercato. Ci siamo quindi andati per conto nostro il giorno seguente, per dare un’occhiata e per fare qualche acquisto. Non si tratta di un mercato pensato per i turisti e infatti l’abbiamo trovato davvero genuino oltre che vivace.
Poiché Valladolid è la base ideale per visitare Chichen Itza, vi lascio anche questo link: Chichen Itza è davvero da annoverare tra le cosiddette sette meraviglie del mondo?
Il post ti è stato utile? Ti è sembrato interessante? Perché non metti mi piace sulla pagina facebook di My way, around the world?